CARO FARO, TRA ME E MIA NONNA C’E’ UN LOCKDOWN

CARO FARO, TRA ME E MIA NONNA C’E’ UN LOCKDOWN

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

da Flavia Incitti

Ci chiediamo ormai da mesi dove andremo a finire con queste restrizioni su restrizioni, finché proprio il 5 gennaio ho letto l’articolo di Giorgio Agamben, Filosofia del contatto, e mi sono detta “finalmente”. Finalmente qualcuno, e non uno a caso ma un grande Filosofo, tempestivamente ha fatto luce su ciò che ha snaturato la vita da quel marzo 2020. Come possiamo andare avanti sereni mentre ci alzano la fiamma sotto la pentola quando noi siamo dentro? E la pentola sono le limitazioni, le quarantene, i copri fuoco, i luoghi di convivialità chiusi, come sono chiusi i luoghi dell’arte, come siamo chiusi noi dentro casa. La fiamma sono le false promesse di un futuro migliore che servono a sviare quanto basta l’attenzione dall’intensità della fiamma. Così ci concentriamo sulla pentola, pensiamo che perché ci siamo noi dentro non succederà niente di male, finché ci dicono di resistere significa che c’è speranza. Ma cosa significa resistere? Dobbiamo resistere in questa situazione o resistere a questa situazione? Se ascolto i miei coetanei (ventenni) capisco sempre meglio che più stiamo lontani e più ci viene da isolarci, sentirci meno ascoltati, meno importanti. Quella famosa goccia nell’acqua sembra fare un buco nel vuoto. Non sentiamo più di essere in grado con quella goccia di fare uno tsunami, ma nemmeno un’ondina a riva. Eppure proprio da giovane mi sentivo di dover resistere a questa soppressione della libertà. Capivo che più andavano avanti i mesi, più ci saremmo indeboliti psichicamente. Ho un ricordo lontano di quando mi svegliavo la mattina felice, e mettevo la musica. Ballavo da sola in camera e poi trovavo la volontà di studiare, di rendermi utile. Adesso ti svegli la mattina consapevole che quella volontà la devi tirare fuori dal nulla, senza alcuno stimolo esterno. Ne abbiamo perse di persone a causa dell’isolamento, come ne abbiamo perse a causa della televisione. Mia nonna è nata in un paesino fuori Roma, cresciuta come contadina analfabeta. Ascolta solo la televisione, è la sua unica fonte di informazione, e di cosa parla se la chiamo? Nulla. Dice solo “statte attento a nonna, che ‘sto virus è pericoloso”. Per fortuna poi parlo con i miei professori che hanno potuto esperire sulla loro pelle questo virus e mi dicono serenamente che come tutte le malattie o infezioni, se curate in tempo, non sorgono complicazioni. Quello che mi chiedo è solo come noi stiamo affrontando questa situazione ma soprattutto quello che vi voglio chiedere è come volete affrontarla adesso, alla luce delle nostre esperienze? La cosa che mi fa paura nelle persone ad oggi è la paura della paura. Li vedo bloccati, perché le restrizioni fisiche hanno contaminato anche la sfera emotiva e mentale e come diceva Agamben il contatto con il fisico lo abbiamo, lo stiamo, completamente perdendo. Un bambino, se nei primi mesi di vita viene nutrito ma senza essere mai sfiorato, lasciato dentro una teca di vetro o una semplice culla, ma mai preso in braccio, muore. Lascia il suo corpo perché con esso non si è mai identificato. Oggi si parla solo di salute fisica, e viene meno quella mentale ed emotiva e siccome è tutto collegato cosa accade ad un corpo dopo che la mente e l’emotività sono collassate? Oggi che si parla tanto di rinascite, anno nuovo vita nuova, quale vita volete? Un surrogato fatto di baci e abbracci virtuali e didattica a distanza? Perché gli ospedali possono essere sovraffollati e nei teatri con le sedie non si possono ospitare spettacoli? E lo stesso me lo chiedo per i cinema, come l’Azzurro Scipioni, di Silvano Agosti, che sta per vedere il proiettore spegnersi per l’ultima volta. Come possiamo oggi trovare la voglia di renderci utili per il prossimo se con l’esterno non abbiamo più contatto, se gli stimoli che ci rendono creativi sono stati soppressi? E cosa diventa la vita senza la creatività, se non abbiamo più passione viva in noi? Cara nonna, anche se non potrai mai leggere questa pagina, spero solo che un giorno tu voglia vedermi e che sulla porta sarò accolta da un tuo abbraccio.