DRAGHI IL FOLLE

DRAGHI IL FOLLE

Il primo segno di una dittatura non è, come comunemente si ripete, lo stato di emergenza perenne: è l’insania mentale che, a cascata, discende dai vertici alle istituzioni intermedie, giù giù fino agli intellettuali, la società civile, in una forsennato contagio dello zelo, dell’irrazionale, dell’assurdo. Lenin finì i suoi giorni in carrozzina, incosciente, di Stalin quelli del Politburo si ripetevano, in francese, “maladie, maladie”. E si picchiavano la tempia con il dito. Hitler era un concentrato di psicosi e così Mao e Pol Pot. L’esaltazione di Mussolini scadde in delirio con l’emulazione del Fuhrer e le leggi razziali, continuò a peggiorare con una guerra senza senso e divenne irreversibile nell’ultimo, tragico periodo saolino. Si parva licet, la dittatura di fatto in Italia non sembra messa meglio: Draghi, il tecnico risolto in autocrate, si è reso ieri protagonista di una conferenza stampa delirante, che molti osservatori hanno appropriatamente definito “discorso dell’apartheid”: ha detto che i non vaccinati non stanno nella società degli uguali, ha difeso un provvedimento fanatico come il supergreenpass, demenziale già dal nome, contorto a livelli patologici nella applicazione, ha farneticato di ripresa economica da salvaguardare nel seguente modo: per difenderla, la compromettiamo; per non chiudere, chiudiamo; per non bloccare il Paese, lo blocchiamo. Preventivamente, “Per conservare quello che abbiamo”. Ma che cosa abbiamo? Un Paese stremato da due anni di regime strisciante e infine esploso, una guerra non dichiarata esclusivamente contro i cittadini, una sistematica violazione dei diritti fondamentali, il tradimento della Costituzione, le scelte allucinanti della cosiddetta comunità scientifica. Il tecnico! Nove mesi fa, venne accolto come un Messia e si rimarcava il fatto che Draghi non fosse un politico, che schifo, alla larga, è un tecnico lui, anzi un supertecnico, il suo prestigio è indiscutibile, è stimato in tutto il mondo, come il Crodino. Affermazioni senza logica, in perenne attesa di conferme: è arrivata invece la più clamorosa delle sconfessioni. Il tecnico, per sua natura, non ha una visione d’insieme né, tantomeno, di lungo periodo; non ha il polso del Paese reale, ragiona a slide, a prospetti, si affida a “esperti” altrettanto obnubilati, adotta misure che ad ogni persona normale non possono che risultare letali e poi commenta: “Speriamo di azzeccarci”. Draghi, semplicemente, non è compos sui, non ha più lucidità. Tutto di lui lo dimostra: l’eloquio sconclusionato, le frasi fatte di stampo gretesco – “Bisogna aiutare i giovani a sperare nel futuro”, e vorrei vedere nel passato, il linguaggio del corpo, la mimica facciale. Non è una polemica, è la fredda, distaccata constatazione dell’esistente. Draghi riceve Greta, con mascherina, telefona a Selvaggia Lucarelli in solidarietà al di lei telefono, e questo sono gli unici gesti comprensibili di una azione che, dopo quasi un anno di comando, non lascia intravedere atti concreti e l’ombra di un risultato. In poche parole, non sta facendo un cazzo. Che poi il suo crollo mentale sia da addebitare alle tripla dose di vaccino in pochi mesi, allo stress di un capo di governo settantacinquenne, a qualche ictus o ischemia che non sapremo mai, è questione aperta ma, tutto sommato, poco rilevante. Quello che importa, e che fa paura, è che ci ritroviamo governati da un pazzo – e chi dovrebbe sorvegliarlo non sembra messo tanto meglio: Mattarella sta inanellando una serie di uscite potenzialmente eversive, fuori controllo, roba che fosse uscita dalla bocca di un Cossiga sarebbe venuto giù il cielo. Dicono quelli che pensano di saperla lunga: ma no, è lucidissimo Draghi, sta solo facendo quello che deve fare e per cui è stato messo lì. Come se le due cose non potessero andare di pari passo. Puntualmente, dal timone o dal cielo del potere la psicosi alluviona gli strati via via inferiori e disparati. Medici, scienziati che aggrediscono gli interlocutori con frasi da galera, “Aspetto i tuoi figli in rianimazione e poi te ne pentirai”, infermieri che si filmano con certi attrezzi affilati, alla Freddy Krueger e dicono: vi aspettiamo, novax. L’ubiquo Bertolaso, uno che chissà perché ci si ostina a considerare eccelso, che consiglia “a Babbo Natale di portare ai bambini tanti vaccini”. Il divulgatore nazionalpopolare Piero Angela, che si crede uno scienziato per osmosi, si sente in dovere di raccontare che al ristorante ha “dovuto urlare” perché gli controllassero il greenpass. A 92 anni. La Lucarelli, a proposito, questa provocatrice di regime (che infatti la chiama, la gratifica), va a una manifestazione con quattromila contrari conciata come un tecnico ubriaco fuggito da Chernobyl: se vi sembra normale tutto questo! E poi i giornali, coi titoli di involontario umorismo che nascondono una demenza collettiva della stampa: “Muore dieci minuti dopo il vaccino ma sarebbe morto lo stesso”, “Cari novax buon Natale in galera”. Il Messaggero ieri annunciava tutto felice che “la terza dose non basterà”, e oggi il Corriere, organo ufficiale del regime sanitario, ha scritto che la copertura da vaccino Pfitzer dura tre mesi a malapena; dal che discende la necessità di bucarsi almeno 4 volte l’anno finché morte non sopraggiunga. Sì, sono tempi di follia e dunque di dittatura. Ma non tutto è perduto, la sensazione, anzi, è che, giunti al parossismo, il sistema non potrà che franare su se stesso per cedimento strutturale. Chiudessero, proibissero, dividessero, annunciassero, come il sempre più sfasato Draghi, la militarizzazione dura del Paese: affidata a chi? A quell’altra sconvolta della Lamorgese? La resa dei conti si avvicina, l’impotenza di un Paese scassato come il nostro è lì lì per abbattersi sugli incubi psichedelici dei Draghi, gli Speranza, i Ricciardi, i Brunetta, i Tajani, le Ronzulli e tutto il presepe di malati mentali. Dicono che non finirà mai, ma non è pensabile una situazione del genere nei tempi medio-lunghi in una nazione che bene o male sta nell’alleanza atlantica, nel mercato globale, nell’Europa non dei burocrati di Bruxelles ma degli scambi e dei retaggi. La sensazione è che il Supertecnico sia tenuto a bagno finché non sarà definitivamente cotto, ed è probabile che, il 15 gennaio, a scadere saranno tante cose, tanti soggetti manicomiali. MDP

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Una risposta a “DRAGHI IL FOLLE”

  1. Stupendo pezzo che sottoscrivo fin nelle virgole. Aggiungo a quanto ben scritto, che Draghi reca la responsabilità morale ed etica di aver volontariamente diviso i cittadini di questo Paese tra “vaccinati” (e quindi buoni e meritevoli di venir integrati nel sociale) e “non vaccinati” (e quindi cattivi, reprobi e scarti umani che hanno ben meritato la segregazione e il vivere ai margini della società). Insomma ha spaccato volontariamente il Paese. Draghi non è uno statista, ma un androide telecomandato da Bruxelles, un pezzo di Troika obbligato a fare da commissario del popolo secondo un modello sovietico e cinese. A proposito, la grande Ida Magli ricorda nei suoi libri che anche Lenin e Trotzky si autodefinivano dei “tecnici” della Duma. E sappiamo com’è andata.

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