DRAGHI NON FA MIRACOLI

DRAGHI NON FA MIRACOLI

Chi ha un minimo di pratica se ne accorge subito: la manfrina è già partita, il Paese giallo non piace ai media controllati dalla politica se non è cinese: “Ah, guardate, la movida, gli assembramenti”. Ci vuol poco a capire come finisce: aprire oggi, a stento, per richiudere domani. Il gioco è scoperto, risaputo ma funziona sempre. Ci son di quelli, come l’esperta di gossip Lucarelli, che si vantano di segnalare, di filmare i sovversivi che vanno al supermercato. E ci sono gli inviati dei telegiornali, la faccia dietro la mascherina, che ogni sera fanno l’acta diurna delle trasgressioni, delle licenze: qui hanno mangiato, là sono andati a fare una corsetta. Davvero mortificante, ma l’informazione ormai ha rinnegato il suo ruolo, è totalmente al servizio del regime e non se ne vergogna anzi ne mena vanto. Ieri tutti per Conte, oggi tutti per Draghi! Il tecnico, il banchiere. Ma Conte era forse un politico? No, era un tecnico di infimo livello creato in laboratorio dalla ditta informatica di Casaleggio e come tale si è mosso: senza una visione strategica, un disegno, un respiro, travolto dalle emergenze e dagli incidenti ma suscettibile, vanitoso, decisissimo a durare. Da cui la sceneggiata del tavolino, assai meno innocente o sfasata di quanto si pensi. Adesso c’è Draghi e tutti: ci pensa lui, finalmente uno buono. Davvero? Draghi avrà anche i numeri del grand commis, del superboiardo o del manager finanziario, ma la politica è altro e l’osanna che lo accoglie non è solo la spia del servilismo all’italiana, nasconde qualcosa di più grave: è l’ammissione della incompetenza, della inconsistenza della stessa politica che lo saluta come l’uomo della provvidenza. Cosa potrà fare Draghi, ammesso che non si bruci prima di partire? Lui è uno del gotha finanziario ed europeista e sia detto non con la diffidenza dei comunisti irriducibili ma per amor di contezza, per senso della realtà: che altro ci si può aspettare se non una visione schematica dei problemi e soluzioni schematiche per affrontarli? È stato osservato da più parti che l’ex capo della Banca Europea è il sintomo non la causa, il capolinea di un vicolo cieco della politica e fino a qui non si scopre niente, lo dicevano già per Monti, che poi fece disastri, lo dicono ogni volta che si prende un burocrate come sostituto della politica. Ma la politica non è surrogabile e non coincide solo con la gestione del potere, con la perpetuazione del potere altrimenti non resisterebbe dai tempi di Platone e Aristotele. A ciascuno il suo! Potrà Draghi risolvere, solo per cominciare, la corrosione della magistratura, la metastasi della burocrazia, la pandemia fiscale che origina evasione, i duecentocinquanta cantieri fermi, la paralisi della scuola, lo sbando della sanità, per di più in tempi di emergenza? E tutto in pochi mesi? I miracoli non li fa nessuno, se un sistema è cortocircuitato puoi metterci anche il Padreterno ma non si risana e non ricomincia a funzionare. Draghi farà quello che può, cercando di barcamenarsi fra le pretese dell’Unione a trazione tedesca e i gorghi e i viluppi del condominio Italia. Fino a che, per logorio fisiologico o per reazione del sistema corrotto, non dovrà passare la mano. Dicono i teorici del grande reset, l’immenso complotto che sposterebbe l’orbita terrestre secondo i disegni di un pugno di illuminati: tutto è deciso e niente è reversibile nel segno del post capitalismo. Quanto a dire il materialismo storico in salsa iperliberista. Se così è, non ha senso aspettarsi da Draghi può dell’amministrazione del reset: un dettaglio, uno strumento, comunque non un esorcismo ai mali della politica, la presenza provvidenziale in grado di salvare il Paese dal destino già stabilito. Contraddizioni che sfuggono agli analisti avviluppati nei loro barocchismi. Quello che si può dire è che questo personaggio dal sicuro curriculum è stato messo da Mattarella o chi per lui al posto sbagliato nel momento giusto e in tal senso si capiscono le perplessità di Giorgia Meloni che non vuole abdicare al ruolo della politica. Dice la Meloni: caro Draghi, abbi pazienza, non è un fatto personale ma io, da politica, ho precise responsabilità verso quelli che mi seguono. E aggiunge che non gli farà la guerra, a patto che non le si chieda un sostegno formale che non può dare. La posizione di Salvini è più complicata, se rifiuta il sostegno rischia di farsi tagliare fuori, se si fida e poi non incide viene tagliato fuori di sicuro perché a un politico si chiede, giustamente, di essere furbo e lui ci ha già messo molto del suo per lasciar dubitare. La sinistra non ha di questi problemi, è parassitaria, va sempre in soccorso del vincitore, non ha più lo straccio di una esigenza morale, la nomenklatura piddina e ormai anche di LeU ha solo la fame di soldi, la paura di uscire dalla colossale mungitura dello Stato. Draghi sarà anche degno del suo nome, ma farà quello che può, non molto, e non da politico. Auguriamoci che non faccia ulteriore macelleria sociale ma non aspettiamoci intanto la fine del coprifuoco e dell’emergenza sanitaria: lo si vedrà dai ministri, si vede già dai telegiornali.

MDP