I MITICI PORTUALI SONO AMICI DEL GIAGUARO

I MITICI PORTUALI SONO AMICI DEL GIAGUARO

Abbiamo scherzato. I mitologici portuali di Trieste, paladini che salvano l’Italia e piacciono alle donne, son durati 24 ore: è bastata la promessa di un incontro al Senato – con la Casellati, che è insignificante, neanche con Draghi – e si sono messi a cuccia. E il loro portavoce, Stefano Puzzer, parla già da sindacalista: “Questa prima battaglia l’abbiamo vinta, dimostrando la forza e la determinazione dei lavoratori portuali e di tutti coloro che li hanno affiancati e sostenuti nella difesa della democrazia e della libertà individuale”, ma occorre “fare un passo in avanti assieme alle migliaia di persone e gruppi con cui siamo entrati in contatto in questi giorni”, dunque “da domani torniamo al lavoro ma non ci fermiamo”. C’è tutta l’ipocrisia del sindacalese: la vittoria millantata, le balle sulla forza e la determinazione, sulla difesa della democrazia, e la promessa, che si sa già tradita, “non ci fermiamo”. Davvero? Vi siete già fermati, vi siete calati le brache come voleva il vostro direttore portuale, uno con la faccia del politicante, e il Paese dice: che razza di proposta è questa? Che si annuncia senza termine e si chiude in un giro di orologio? Dove sarebbe la vittoria? Nella promessa di ottenere udienza in un Palazzo del potere? Seguiranno incontri cordiali, sorrisi, foto, interviste, così da comprare meglio il Puzzer e gli altri del seguito, e di protesta non si parlerà più. È il trionfo del governo autoritario, mentre chi ci aveva creduto assiste tra lo sgomento e il deluso. In Francia i gilet gialli durano due anni, tre, qui la eroica protesta per la libertà non tira un giorno e si chiude col comunicato sindacale che inneggia alla vittoria. Dannato Paese dove tutto comincia in tragedia e finisce in farsa. Dicono i più volonterosi: debbono averli terrorizzati per bene. Terrorizzare i rudi portuali? È più facile li abbiano blanditi, adescati e lo vedremo constatando la rapida carrierina, non solo mediatica, dei più esposti, cioè parolai. Sia come sia, una protesta che prometteva di diventare simbolica, di allargarsi a tutta la nazione diventa un fallimento, una presa in giro. O dell’ennesima occasione mancata. Si torna al lavoro! Il porto non si chiude! Pensa un po’ che trionfo. Non è cambiato niente, il greenpass chi ce l’ha ce l’ha e chi non ce l’ha si arrangi. Ne usciremo? Difficile, sempre di più. I portuali a cuccia, quelli dell’Io apro compromessi coi neofascisti di Forza Nuova, le altre proteste negli ultimi due anni abortite a nascere. Ne usciremo? Solo per collisione interna del blocco di potere, non certo per la società civile che in realtà è società opportunista. Di simbolico, la protesta di cartone dei portuali triestini ha almeno questo, che inaugura ufficialmente la soluzione all’italiana: non cedere sulla forma, ma mollare sulla sostanza, ovvero: il governo continuerà a tenere durissimo sul lasciapassare, però chiudendo tutti e due gli occhi su una progressiva disapplicazione. Forse ci siamo un po’ lasciati trascinare dalla speranza dei disperati, mentre era lecito sospettare: ovunque sia una formazione organizzata, sindacalizzata, non può che finire alla maniera sindacale. Da amici del giaguaro, nell’ambiguità più cialtronesca. MDP

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