IL PAESE invecchiato

IL PAESE invecchiato
Immagine di Giuliano Fedeli

Ma che cosa è cambiato, da quando mi sono ricoverato. Ricoverato dove? In casa, in me stesso, nell’attesa del nulla, rinchiuso da uno Stato irresponsabile e corrotto. Sì, che cosa è cambiato? Direi anzitutto che sono invecchiato e invecchiando mi scopro cambiato io per primo: già mi fidato poco, adesso non credo più in niente e in nessuno o meglio posso credere che tutto il peggio sia vero, che ogni sospetto sia fondato. Perché mai avevamo avuto conferma del losco, del malavitoso, dell’inefficace, Non un aspetto. Tutto. Lo sfascio assoluto, la totale impreparazione unita a corruzione, malafede, autoritarismo. Sono state prese decisioni arbitrarie, infami, poi sono state coperte, hanno fatto fuori quelli che le hanno denunciate, come nella sporca vicenda del piano pandemico inadeguato e comunque mai adottato. Sono state via via cancellate le libertà fondamentali, messa da parte la Costituzione, è stato inasprito l’aspetto repressivo, il controllo, la denigrazione sistematica dei dissidenti, di chi ragionava, di chi offriva soluzioni alternative. E’ stato portato al dissesto l’intero Paese, il suo sistema, che peraltro già versava in forti difficoltà; ma con l’emergenza non fronteggiata, con la totale inadeguatezza – lo ha riconosciuto lo stesso premier Draghi – tutte le magagne, i ritardi, le falle del sistema Italia sono emerse e si sono acuite. Direi che su tutto, spicca una constatazione: la totale inaffidabilità di tutti i centri di potere: quello politico, decisionale; quello scientifico, con studiosi e scienziati vanitosi, contraddittori, somari, perennemente interessati più alla visibilità e alla carriera politica che alla sanità collettiva; quello burocratico; quello delle amministrazioni periferiche; infine, quello della informazione che si è smascherata come servile, falsa, vile e arrogante forse come mai prima.

Avremmo potuto, dovuto fare tutto il contrario di quanto è stato fatto. Indirettamente, ho già risposto poco sopra. Se è vero che siamo il Paese col lockdown più ferreo e prolungato e quello dai parametri più drammatici. Credo non sia neppure questione di dovere fare, quanto di potere fare: l’intera organizzazione era disastrosa e, in questi casi, puoi fare ben poco. Certo un ministro come Speranza, un “supermanager” come Arcuri non li nomini e soprattutto poi non li tieni. Ma qui c’è il dramma nel dramma italiano per cui tutto è deciso dalla politica, tutto è lottizzato. Lo stesso CTS, che prende le decisioni sulla nostra pelle, non ha niente di scientifico, di competente, sono tutti burattini piazzati dai partiti o da situazioni personalistiche. Per rispondere in una sola parola, io avrei responsabilizzato i cittadini: sono sicuro che si sarebbero comportati bene. Costringerli alla paralisi in modo così feroce e insensato è servito solo a demolirli, impoverirli, ammalarli, metterli gli uni contro gli altri, deprimerli. Sono conseguenze che non finiremo mai di scontare. Sì, avrei tenuto aperto il più possibile, appellandomi al senso di responsabilità. Comunque avrei dosato in modo molto più cauto e specifico le eventuali restrizioni.

Io l’ho vissuta malissimo, la sto vivendo malissimo. Ho visto da subito la deriva autoritaria e non mi sono mai illuso in chissà quali evoluzioni salvifiche. Ho patito il disagio di tutti, sia personalmente che come figura pubblica, raggiungibile. E difatti sono stato raggiunto da sempre più lettori, interlocutori che mi affidavano, come mi affidano, le loro angosce, le malattie, gli incubi, il panico, il senso di impotenza. Posso garantire che è logorante, perché poi devi dargliela una parola di conforto, a costo di mentire. Ma alla lunga le parole finiscono e tu ti prosciughi. Mettici anche che io vivo in un posto piccolo, provincia della provincia e qui non abbiamo neppure il conforto della metropoli che, comunque sia, resta un polmone che respira, due o tre milioni di persone non le puoi completamente bloccare. Nei paesini, nei villaggi è diverso: restano vuoti come la morte, ed è la morte. Adesso sono molto stanco, da 14 mesi scrivo solo di quello, parlo solo di quello. Anche io patisco lo stesso sfinimento. E non ho neppure l’antidoto di una speranza, non sono portato a illudermi, il mio realismo è spietato anche con me stesso. Sapevo che questo coprifuoco, lockdown, come ti pare, era una questione politica, non sanitaria: ne sono sempre più convinto. Ormai non lo nascondono più. Ho sempre diffidato dei complottari, ma a questo punto mi pare difficile negare che ci sia una volontà di distruggere il Paese per rifarlo secondo coordinate esogene: cinesi, eurounioniste. E’ tutto troppo pervicace, troppo preciso, troppo stupido per essere stupido.

E, a proposito di sospetti, come non covarne uno su tutti, e il più inquietante e cioè che questi 14 mesi di blocco, di paralisi totale siano serviti a impoverire il Paese tanto da rendere indiscutibile i soldi dell’Europa? Soldi, sia sempre tenuto presente, che non sono elargiti in nessun modo: sono prestiti la cui restituzione, gravata da interessi, ci perseguiterà per i prossimi 50 anni; e che intanto implicano una totale sudditanza ai desiderata europei quanto a forma di governo, riforme istituzionali e sociali, partiti che dovranno andare o restare al potere, fino alla nomine delle figure chiave (presidente della Repubblica, del Consiglio, delle maggiori aziende che restano in controllo italiano). Sì, il famigerato lockdown non aveva niente di sanitario, era, come è, volto ad ammalare uno Stato sovrano per renderlo dipendente da interventi esterni. Nessuno osa più contestare la falsa cornucopia del 240 miliardi del Recovery, e intanto i piani di resilienza sono vaghi, ambigui per obiettivi e strategie e più Draghi li rende meticolosi, particolareggiati e meno si capiscono. Il Paese è invecchiato, è decrepito, poteva farcela da solo, ma adesso non può più.

MDP