IL PAESE SCHIAVO

IL PAESE SCHIAVO

Si leva il giulebbe perché ci rimettono più o meno tutti in zona gialla. Grazie, come siete umani, come siete comprensivi. Ma da gioire cosa c’è? Abituati a pensare da bambini, ci eccitiamo per un cambio cromatico ma la sostanza resta quella, le mille restrizioni restano intatte a cominciare dal divieto di muoversi tra regioni. Giusto il coprifuoco, come lo chiamano, posticipato di quattro ore. Sai il colpo d’ala, andare a prendersi la razione da asporto alle dieci di sera anziché alle sei. Avendo io ironizzato su questa overdose di libertà, sono stato rampognato immediatamente dai volonterosi carnefici di loro stessi su Twitter: ma scherzi? Ti pare forse uguale a prima? No, non uguale, mi pare peggio, nel senso che siamo grati per le catene, siamo riconoscenti di farci frustare senza dignità. Se per la strada il solito fanatico ti apostrofa perché tieni la mascherina sotto al mento, e diciamo per la strada, en plen air, tu gli rispondi che non ha senso soffocarsi senza nessuno intorno e ti senti ringhiare: ma sono le regole e le regole si rispettano. Davvero? Anche quelle impossibili? Anche quelle abusive, come la polizia che filma gli avventori al tavolino e non dà spiegazioni? Che Paese ligio siamo diventati! Lo fossimo stati anche per cose più importanti, per esempio non rubare. Ma che fa? La paura di morire, meglio, di essere ammazzati fa premio sulla logica e sulla dignità. A Roma è piombata una task force in assetto di guerra per sanzionare alcuni delinquenti che mangiano cantando il karaoke. Viviamo da un anno col filo spinato addosso, privazioni impensabili, eversive, le più prolungate al mondo: non sono servite, sono, come erano, puramente in funzione delle faide di Palazzo ma gli zelanti insistono: volete farci morire tutti? E poi sono le regole. Ma le regole non funzionano e soprattutto sono arbitrarie, più o meno uguali a seconda del caso, il senatore Renzi, detto il Bomba per la tracotanza, è andato e tornato dall’Arabia Saudita senza fare un minuto di quarantena e nessuno gli ha detto niente, neanche il prode Mattarella che l’ha ricevuto senza fare una piega. Si vedono fuori onda comici di politici o saltimbanchi tutti impettiti dietro la mascherina, poi credono di non essere più ripresi e se la tolgono, la buttano per terra, si baciano, si slinguazzano. Una deputata PD, tale Alessia Morani famosa per non capire niente, ha messo un selfie molto taroccato, poi rimosso, su Facebook col dubbio esistenziale: caschetto o capelli lunghi? Quanto a dire il modo che hanno gli eletti di percepire l’ordalia, la grande strage di cui tutti saremmo responsabili. In che modo? Alimentandoci, respirando, osando la libertà di avventurarci all’esterno. Ma quanti sono poi questi morti di morbo, di virus cinese, anche se non si può dire? Dicono due milioni e duecentomila, che, rapportati ai circa 8 miliardi sulla terra, fanno lo 0,0003%. Mai vista una pandemia così moscia, e senza contare che la stragrande maggioranza sono ultraottuagenari con plurime patologie oppure più giovani ma terminali. Molti, uccisi da incidente, infarto o tegole o vasi volanti, vengono ricondotti al Covid in ragione di tamponi farlocchi e di quelle colossali menzogne che fanno comodo all’establishment. Dicono i più scatenati nell’allarmismo: mai senza vaccino, la maschera per altri cinque o sei anni almeno. Poi si scopre che o hanno interessi diretti nel business vaccinale o praticano il terrorismo parolaio per accreditarsi ai partiti di riferimento. Oppure per quella meschinità che è degli uomini, anche di scienza, per quella invidia spicciola, perché quello deve ricevere più attenzioni di me? Tutto questo la gente sfibrata, devastata lo sa ma “sta alle regole” e non importa se le regole le hanno dettate un pugno di disperati qualcuno anche in forte odore di ruberie. “Sì, va così, è tutto falso, tutto inventato, ma che ci vuoi fare?”. Ma rassegnarsi alla consunzione personale e sociale non pare una grande idea. Mi ha detto una amica, insegnante: vedo i miei colleghi come appassiti, invecchiati di cinque anni in poche settimane. Altri raccontano di non saper più dormire, di avere invertito il ciclo sonno-veglia, le notti bianche, i pomeriggi torpidi, comatosi. Siamo avvezzi a sentirci in colpa, a giustificarci per esistere, a spiegare il nostro modo di esprimerci, di comunicare, di pensare. Non c’è più spazio alcuno per una autonomia del privato, una opinione divergente, una convinzione eccentrica, la massificazione perbenista, l’omogeneizzazione delle coscienze si è imposta e non ha fatto fatica. L’ipocrisia del pandemicamente corretto è insopportabile, opprimente, ma si finisce per accettarla. Anche i più incazzati per essere stati assaltati dalla task force militare mentre mangiavano una pizza, il giorno dopo hanno sentito il dovere di spiegare, di giustificarsi sui social. Magari polemicamente, ma intanto hanno reagito come chi è scioccato, colto in fallo. Siamo alla sindrome post traumatica di massa, ma “queste sono le regole” e per chi non le osserva c’è la delazione, il sospetto, il biasimo.

MDP