IL VOLO SPEZZATO

IL VOLO SPEZZATO

immagine di Giuliano Fedeli

di Daniela Tuscano

Li abbiamo visti tutti, a Roma, la notte di Capodanno. Stormi divenuti branco, uccelli impazziti come mosche nel bicchiere. Mentre intorno risuonavano i botti d’un’artificiosa baldoria, là, nelle vie deserte, i pennuti non volteggiavano più. Stramazzavano di terrore, infarto, incredulità. Ogni animale è sempre il primo, e le rotte che percorre non cambiano mai, la fiducia nella natura incrollabile, bianca come ai primordi del mondo. Quando l’uomo non si frapponeva alla loro serena inconsapevolezza.

Per gli animali non esistono ricorrenze. Per gli uccelli, semmai, vi sono rincorrenze. Precarietà umile, nonluoghi del bisogno. Li ha uccisi una grama pretesa di felicità, l’idiota vitalismo di cervelli senz’ali. Qualcuno li ha ripresi dal balcone di casa. I corpi aerodinamici fattisi improvvisamente pesanti. Un paesaggio alla De Chirico, fra condomini spenti e finestroni voraci. Su di essi i volatili si sono schiantati, inghiottiti. E sulle fiancate incombevano due occhi umani, spaventati anch’essi, ma fissi, e implacabili nella loro rassegnazione.

Abbiamo inaugurato il 2021 con la consueta, meschina pretesa di manipolare la natura. Non è solo nefasta ferocia verso esseri indifesi. È analfabetismo affettivo, incapacità di guardare alto. Gli uccelli testimoniano l’elusività della vita. Un ponte fra terra e cielo da percorrere con slancio, un attestato di fiducia cui non chiedere nulla in cambio. Ma la gratuità ci è ormai estranea, non comprendiamo più l’idea di bellezza ineffabile, accanto a noi e malgrado noi. L’altra notte, dopo quel volo spezzato, ci siamo ritrovati un po’ più soli.

Una risposta a “IL VOLO SPEZZATO”

  1. Grazie. Sensibilità, compassione (nel vero senso etimologico). Lucida, dolente poesia. Da leggere e rileggere.

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