LA PANDEMIA CHE NON C’ERA

LA PANDEMIA CHE NON C’ERA

Parola dell’Istituto Superiore Sanità: solo il 2,9% dei decessi da fine febbraio 2020, cioè da inizio pandemia (quando i compagni mangiavano involtini primavera) risulta dovuto al Covid 19. Delle 130.468 vittime delle statistiche ufficiali, solo 3.783 sarebbero dovute al virus in sé. Le altre si debbono evidentemente a cure sbagliate, tardive, diagnosi non precise, altre patologie. Infatti la stragrande maggioranza dei deceduti ne presentava almeno una, più frequentemente due o tre in ragione dell’età avanzata. Non lo sapremo mai con certezza perché rifiutarono di procedere alle autopsie. Ma i riscontri ufficiosi concordano tutti. Ancora più nel dettaglio: dal marzo 2020 sono finiti in terapia intensiva lo 0,5% dei positivi al virus;  gli ospedalizzati sono stati l’8,5%; le vittime sotto i 19 anni sono state 35: quelle post vaccino di più. Questi i numeri ufficiali di una pandemia che ha paralizzato l’Italia su mandato della Cina. L’inettitudine non soccorre più, qui c’è il dolo. 127.000 morti da evitare, più quelli successivi alla somministrazione vaccinale, sacrificati sull’altare della convenienza politica, sulla smania di regime. Da Conte a Mattarella passando per Draghi, nessuno è innocente. Il regime è scivolato velocemente in dittatura. Si censurano le notizie, si umiliano i dissidenti, si pestano i manifestanti di ogni età e condizione, purché pacifici, ci si accoda nel conformismo più miserabile. Quattro italiani su dieci quasi uno su due, quasi la metà del Paese, sono scivolati in venti mesi sotto la soglia di povertà nel sostanziale disinteresse della politica, un grumo di potere ormai privo di opposizione rappresentativa. I servizi pubblici sono peggiorati quando non sospesi. La propensione all’assenteismo, alla disonestà diffusa, alla devianza, alla delinquenza è in crescita marcata, l’incertezza a tutti i livelli preoccupante. L’alienazione diffusissima, alimentata dalla narrazione irresponsabile al limite del criminale da parte dei media quasi al completo. I cittadini sono stati e restano obbligati a sacrifici insostenibili, comportamenti degradanti, compiti impossibili. Nessuno li ascolta, nessuno li aiuta. Il ceto informativo e quello artistico, così come il dèmi-monde intellettuale, li disprezzano, li odiano. Gli stessi artisti sono asserviti. La perdita di lavoro è enorme e vertiginosa, ma i sindacati stanno col regime, ci passeggiano sottobraccio. Tutti i comparti produttivi sono in sofferenza, molti distrutti e la riconversione sarà impossibile per milioni di nuovi disoccupati. La misura del lasciapassare, antidemocratica, anticostituzionale, inutile, repressiva, unica al mondo, viene mantenuta, potenziata e senza scadenza: impedisce letteralmente di vivere. La gente è assuefatta, gira con la mascherina all’aperto, nelle proprie auto. Abbiamo imparato a odiarci e spiarci senza pietà. Nessuno ha più alcuna gioia di vivere, nessuno parla più di speranza. Siamo abituati al dolore e alla paura. Tutto per una “pandemia” che ha fatto meno decessi reali di una qualsiasi influenza stagionale: 2,9%. Lo Stato da democratico è degenerato in autoritario, eccezionale e infine concentrazionario. Il rispetto dell’individuo è stato travolto. Assistiamo ad uno sconcertante rigurgito di autoritarismo, di dirigismo in conseguenza della stanchezza e della rinuncia dei singoli ad assumersi responsabilità, impegni, sfide. Il senso di rinuncia è generale, il fatalismo endemico. Niente, neppure la follia, autorizza a confidare in un ritorno alla normalità. MDP

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