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Come si muove l’industria dei farmaci tra lobby, campagne e affari miliardari
di Stefania Martani
La persona sana è quella che non sa ancora di essere malata”. E’ la battuta che Jules Romains fa pronunciare al medico protagonista del romanzo Lo strano caso del dottor Knock e che sta riscuotendo molto successo nei consigli d’amministrazione industriali dei Big Pharma. In altri termini, ma con lo stesso intento, si espresse negli anni ’70 Henry Gadsen, Direttore Generale della multinazionale farmaceutica Merck , “Il nostro sogno è d’inventare farmaci per gente sana”. Insomma, non più ad ogni malattia la sua cura ma ad ogni pillola il suo male.<
Alla base di tutto c’è la contiguità, inopportuna ma ormai inevitabile, tra medici, ricerca e industria. “Pochi sanno che il mercato farmaceutico italiano è – per numeri assoluti – il 5° al mondo, e le società di lobby al servizio delle multinazionali sono in prima linea in Parlamento e nei corridoi degli enti di controllo sanitario: dobbiamo interrogarci, senza pregiudizi ma con onestà intellettuale, su quanto di tutto ciò sia al servizio dei cittadini e quanto al servizio del profitto” scrisse in tempi meno sospetti dell’attuale il giornalista portavoce di “Giù le Mani dai Bambini®”, il Comitato di università, ordini dei medici ed associazioni di promozione sociale divenuto famoso per la battaglia contro l’abuso di psicofarmaci sui minori. Più volte, nel corso degli anni, è stata sottolineata la necessità d’indipendenza della classe medica, sempre più messa in discussione dai poderosi interessi in gioco in questo delicato settore. Per quanto riguarda i disturbi psichiatrici ci sovviene la dichiarazione, di qualche anno fa, di Paolo Roberti di Sarsina, Dirigente di psichiatria: “Tre quarti dei colleghi che hanno redatto il DSM (il catalogo diagnostico delle malattie mentali, ndr), hanno rapporti finanziari con le case farmaceutiche, più del 90% della ricerca scientifica è finanziato dall’industria, e oltre la metà del budget dell’Agenzia Europea del Farmaco è garantito dai produttori: ma di cosa dobbiamo parlare? Allora quello che io auspico è una pandemia, certamente, ma di consapevolezza”. Secondo vari studi, il 90 per cento dei ricercatori che elabora linee guida ha conflitti di interesse. Otto dei nove esperti che hanno redatto le ultime direttive sul colesterolo, lavorano anche come relatori, consulenti o ricercatori per le maggiori multinazionali del farmaco, e molti professori universitari che tengono corsi di formazione permanente spesso risultano essere anche consulenti di società farmaceutiche. Gravissima la complicità dei media e delle agenzie pubblicitarie che con il pretesto di ‘campagne di sensibilizzazione’ o di ‘prevenzione’ diffondono notizie allarmanti. Perfino le associazioni per la tutela dei pazienti, si reggono per la maggior parte sui finanziamenti di case farmaceutiche, come la Chadd, l’associazione di pazienti per la cura dell’ADHD, che ha ammesso di aver preso 700.000 dollari dalla Novartis, la casa farmaceutica produttrice del Ritalin. Gli stessi Trial clinici sono fatti solo parzialmente o manipolati e occultati nei risultati. Per finire il FDA, che su questo processo dovrebbe vigilare, è a volte ‘infiltrata’ da chi dovrebbe controllare.
Un rapporto di Business Insights, una delle più note riviste destinate ai dirigenti del settore pharma, qualche anno fa sostenne che la capacità di ‘creare mercati per nuove malattie si traduce in vendite’ e che ‘una delle migliori strategie consiste nel cambiare il modo in cui la gente percepisce i propri disturbi’. Li si deve convincere che i problemi accettati fino ad oggi come un fastidio sono ora ‘degni di un intervento medico. Gli anni futuri saranno i testimoni privilegiati della creazione di malattie patrocinate dalle industrie”.