LA LIBERTÀ DI CHIARA

LA LIBERTÀ DI CHIARA

Pensati libera, predica Chiara Ferragni, naturalmente da un vestito firmato e sponsorizzato; essere libera è essere ricca e famosa, diciamo una del qui e ora, arraffare tutto quel che si può sapendo che non dura. O del cogliere l’attimo, il carpe diem di Orazio che però intendeva tutt’altro, accontentati di trovare il bello fin che vivi, senza aspettarti di più, senza diventare famelico. Libera, Chiara? Non si direbbe se la sua vita è una continua, paranoica rincorsa a se stessa che la porta a parlare di se stessa a se stessa davanti a undici milioni di fanatici nell’amore, nell’emulazione, nell’odio. Io la sentivo questa stangona piatta di Cremona, la sentivo celebrarsi come una milionaria che a 30 anni e poco più ha messo insieme quel tanto che la farà vivere in eterno, e proprio non la capivo. Mi pareva innaturale, disumana come lo sono quei personaggi incomprensibili, amorfi, da film di fantascienza. Così insaccata poi, in una specie di pellicola per alimenti conservati con le tettine pitturate. Libera, una così? Nel suo monologo, scritto a quanto sostiene da se medesima, il trionfo della megalomania, non c’era posto che per il successo, vissuto come chi viene dalla provincia, ricca fin che vuoi ma il cui odore non va mai via del tutto, puoi farti casa a Los Angeles, nella city Life meneghina ma ti resta sempre addosso come un residuo senso di mortificazione, da esorcizzare nell’eterno sollievo del chi l’avrebbe detto, mai più in quelle nebbie padane. Non parliamo del marito che viene dalla cintura dei disperati, dall’hinterland feroce dove gli rubavano le scarpe, lo rimandavano a casa scalzo, l’umiliazione peggiore per un ragazzino. Sotto questo vestito mentale, il niente di chi recita sempre a copione, con voce contabilistica, quella vocetta che tradisce un sostanziale disinteresse per il mondo. I perfidi dicono: è una che, potesse, andrebbe in Turchia a selfarsi sulle macerie. Gli adoratori ribattono: rosiconi, la odiate perché ricca; e non si accorgono di confermarne la filosofia che è la seguente: valgo dunque esisto. Il qui ed ora, completamente sradicato da impicci morali, retaggi, tradizioni e da quelle perplessità che salgono da una cultura almeno raffazzonata, aneddotica ma che ti fa capire l’abisso tra te e Orazio o tra Orazio e come tu lo interpreti. Ma carpe Diem! Ce lo chiede il Mercato che non tollera ubbie o ripensamenti o pause di sorta, sempre pienamente operativi, come si dice, o anche H 24 che come formula è perfino più repellente. Da cui la mitizzazione di un’altra parola inascoltabile per dire sempre la stessa cosa, resilienza: s’ha da essere resilienti, intaccabili, catafratti e vagamente mostruosi. Vivamente sconsigliati i momenti di pausa, inconcepibili le defaillances, non contemplati i fallimenti e men che meno gli scrupoli; le lacrime sono ammesse ma solo in quanto strategiche. Ottimo invece il vittimismo tattico: serve non solo ad empatizzare, rectius a commuovere il pubblico, ma anche a sottrarsi a qualsiasi conto con se stessi, posto che il mondo è un luogo cattivo pieno di invidiosi, di “rosiconi” che non accettano la tua fortuna e i modi, i mezzi neoliberistici con cui è messa insieme. E celebrare sempre quello che si ha dando la netta sensazione di non accontentarsi, di considerarlo solo un passaggio, anzi uno step verso nuovi e più resilienti traguardi. Un marito che sembra più un socio in affari, comunque il fisiologico completamento di una famiglia partneriale più che naturale, due figli che non sai se compatire: destinati a crescere, anche loro, più ancora dei genitori, nella narcosi aproblematica, egoriferita del presente continuo, del qui ed ora. Sì, il brutto anatroccolo Chiara ce l’ha fatta, vale 30 milioni di follower e altrettanti di euro l’anno, ma dubitano persino delle sue emozioni. Lei stessa si direbbe insicura di tutto: di sé, della famiglia, del marito, del suo ruolo, del suo valore al di là dei soldi. Capita appunto ai ricchi che non si fidano di nessuno e a lungo andare nemmeno dell’immagine riflessa nello specchio. Ma ci si può ritrovare, almeno in essenza se non in coscienza, scorrendo i fatturati. Più profetessa del neoliberismo amorale e vagamente truffaldino che imprenditrice digitale, qualsiasi cosa significhi. Ma condannata fatalmente a ricominciare ogni giorno da capo come tocca ai ricchi e ai famelici, ad inseguirsi per raggiungersi, per superarsi, per cimentarsi in sfide, come le chiama lei, al di là delle sue possibilità, adesso si parla della politica ma la politica, per quanto degradata, richiede un minimo di preparazione, altrimenti si finisce nel patetico, come a Sanremo e hai un bel pagare tutti i media che vuoi, la gente non smetterà di dire, di pensare ma chi gliel’ha fatto fare, ma non lo capisce che non è roba per lei, che si copre di ridicolo. Tutta una vita così, da criceto nella ruota, dorata ma implacabile, finché non ti scoppia il cuore. Qui ed ora, un elicottero per prendere l’aperitivo chissà perché sul cocuzzolo di in monte, giusto per impressionare la plebe che ti fruisce e consuma, ti rende ricca e ti logora, qui ed ora a ridersi addosso a piangersi addosso davanti a tutti, alla mercé di tutti, controllando “in tempo reale” che ne pensano milioni di sconosciuti, qui ed ora per moltiplicare il gigantesco vuoto fatto di foto, di marchi, di paccottiglia da promuovere, di fatturati da sorvegliare, qui ed ora schiava padrona delle logiche, delle strategie, dei committenti, dei manager, dei curatori d’immagine, dei promotori di campagne umanitarie, dei procacciatori d’affari, dei parassiti, delle sanguisughe, senza poterli distinguere, infine dei fanatici che possono sempre calare, nell’horror vacui che ne consegue. Saremo noi rosiconi, saremo più provinciali di lei, ma una così tutto ci pare fuorché libera. MDP (per sostenere il Faro basta una ricarica su PayPal via mail maxdelpapa@gmail.com)