DA FORTETO A BIBBIANO, PASSANDO PER L’EUROPA

DA FORTETO A BIBBIANO, PASSANDO PER L’EUROPA

Ripropongo un articolo di qualche tempo fa, aggiornato agli ultimi avvenimenti tuttora in evoluzione

Si chiude, con condanne pesanti anche se parziali, l’ennesima storiaccia di falsa comunità che nascondeva l’inferno. Questa, però, è tutta da raccontare perché è stata blindata per 40 anni da un sistema di potere che arruolava di tutti e di più, con epicentro a Firenze. E perché, a quanto pare, la storia si ripete, a distanza di una regione, come un atroce filo rosso che nessuno può spezzare.

Ai tempi del processo d’appello, circa tre anni fa, ci fu una giornalista russa che, incontrando il presidente dell’associazione Vittime del Forteto, Sergio Pietracito, chiese e si chiese, sconvolta, come mai un orrore del genere non fosse conosciuto nella sua patria. Non sapeva che neppure in Italia, oltre Firenze, si sapeva niente del lager del Forteto, falsa comunità per minori che nascondeva l’inferno. Dentro Firenze, però, tutti dicevano di tutto e molto, se non tutto, sapevano da decine d’anni, dal 1977 quando questa trappola mortale venne fondata. Niente trapelava perché il Forteto era una comunità rossa, blindata da potere, istituzioni e intellighenzia prima comunista, poi post comunista. Ha resistito fino a pochi anni fa e ancora nel 2011 i suoi santoni erano riveriti, i suoi luoghi meta di pellegrinaggio di complici e bugiardi che, in pura tradizione sovietica, ne magnificavano le atrocità.

Oggi, forse, di un caso Forteto neppure si parlerebbe o meglio sarebbe ancora più esaltato; e lo è, perché il nuovo Forteto, secondo la magistratura, si chiama Bibbiano e brilla per modello di assistenza per minori disagiati: dietro gli abbagli, l’orrore. Sono tempi di politicamente corretto, tempi gender e al Forteto (come, si accusa, a Bibbiano) la pratica più diffusa era la corruzione di minori sbandati, senza famiglia, senza futuro. Era lo stupro sistematico, il pasto nudo del loro corpo e della loro mente. A centinaia in 40 anni, nella connivenza esaltata, fanatica o laida di centinaia di complici che sapevano. Oggi sarebbe facile far passare quelle violenze senza fine per modernità nel solco della tradizione neoliberalista di stampo obamiano o eurounitario.

È finita? È finita per non finire mai. La condanna a 15 anni consacrata dalla Cassazione per Rodolfo Fiesoli detto “il Profeta”, già paragonato dalla sinistra giornalistica e politica a don Milani, mette un punto fermo. Fiesoli era un orco e dell’orco mantiene l’ostinazione: appena scarcerato, dopo un lungo periodo detentivo, lo hanno subito visto in compagnia di minori, alla faccia dei suoi 80 anni decomposti e del divieto di approcciarli. Con lui, l’ideologo Luigi Goffredi. Si erano inventati un modo per raccattare o sottrarre bambini ultimi, sfortunati, dalla strada o da famiglie problematiche: ne facevano le loro prede, e nessuno poteva fermarli. Ci provò un magistrato di impronta cattolica, Carlo Casini, che poi finì parlamentare con la DC: subito un giudice comunista, Gian Paolo Meucci, padre del diritto minorile italiano, e meno male, e aperto seguace del “Profeta”, lo scomunicava, disinnescandone la sentenza che faceva arrestare i due mascalzoni. L’iniziativa di Meucci fece scuola, bloccando sul nascere qualsiasi ulteriore pronuncia, come quella, nel 1985, della Corte d’Appello. Gli afrori, esibiti, di pratiche sessuali e omosessuali su minori venivano considerate una medaglia al valore del Forteto, la prova della autorevolezza, della bontà del metodo, fondato su miserabili distorsioni freudiane. La sinistra, puritana e perbenista nelle proprie cose, con i propri figlioli, ha sempre avuto un debole per il sesso fascistoide, a danno dei deboli.

A metà degli anni ’80 il Forteto era un fortino inattaccabile e moltissimi chiedevano di esservi ammessi: giudici, sindacalisti, politici, dirigenti dei servizi sociali, sinistra giovanile toscana, intellettuali, artisti di merda. Tutti autentici compagni di merende. IE i soldi fioccano, le intraprese capitaliste pure: fino a 130 occupati, 20 milioni di euro di fatturato al 2010, prodotti alimentari, frutto dello schiavismo minorile, esportati in tutto il mondo. Un esempio imprenditoriale. Pazienza se, nel 2000, la Corte europea dei diritti dell’uomo, in seguito alla denuncia di una madre separata dai figli, condanna l’Italia ad una multa di 200 milioni di lire per danni morali: parte subito il circo della indignazione virtuosa, i soldi in fondo sono pochi, niente cambia, anzi avanti più di prima. Dal ’97 al 2010, il Forteto, a dispetto dei pesanti sospetti, ottiene contributi dalla Regione per 1 milione e 254 mila euro. L’anno dopo, Fiesoli è accolto a Palazzo Vecchio proprio come un santo, più che un santone. Pochi giorni dopo lo arrestano con accuse troppo evidenti per venire confutate. Lui cerca di ricusare il presidente del collegio giudicante, Marco Bouchard, ma le protezioni, come sempre accade tra i topi di fogna, si diradano alla svelta. il 17 giugno 2015 la sentenza in primo grado condanna 16 dei 23 imputati. 17 anni e mezzo per Fiesoli (violenza sessuale e maltrattamenti), 8 per Goffredi (maltrattamenti), pene minori, ma sempre gravi, per maltrattamenti, abusi sessuali, mentali e rovine varie di parecchi altri al Forteto. Viene scoperchiata una autentica setta criminale. Così le motivazioni della sentenza: «Il Forteto è stata un’esperienza drammatica, per molti aspetti criminale, retta da persone non equilibrate (…) Le perversioni del Fiesoli, note agli altri imputati, sono state di volta in volta avallate, tollerate, giustificate (…) Chi ha reagito, chi ha protestato, chi ha contestato è stato emarginato, isolato, escluso, denigrato e, finalmente, allontanato».

Ma alle anime belle di sinistra ancora non basta se è vero che una mozione della parlamentare di Forza Italia Deborah Bergamini, con cui si chiede un’inchiesta parlamentare e il commissariamento della struttura, viene sabotata e affossata dal PD. Il risultato sono centinaia di vittime, di famiglie distrutte in modo irreversibile, e anche 8 vittime: uscite dall’inferno, non sono riuscite a ricostruirsi e si sono arrese alla droga, allo sbando, alla morte.

La Cassazione ha stabilito che il santone Fiesoli, ormai ottantenne, dovrà passare quel che gli resta da vivere in galera. Ma era chiaro che avrebbero trovato un modo per salvarlo, perché a 80 anni la memoria può giocare brutti scherzi, lasciar partire nomi da non pronunciare. Difatti eccolo libero, al tavolino di un bar, coi ragazzini sulle ginocchia. Chi lo ha salvato? Non scherziamo: la sinistra fiorentina e toscana, come sempre avvenuto negli ultimi 40 anni. E come si sospetta ancora oggi, se è vero che tra il Forteto e Bibbiano si stendono troppi fili rossi, dalla esaltata quanto sfuggente figura del consulente Foti ai servizi sociali toscoemiliani al partito, ieri PCI, oggi PD, che ha blindato entrambi gl’inferni fin che ha potuto: non vai con tanto di postazione alle Feste dell’Unità se il partito non vuole, se non intende mandare un messaggio preciso: questa è roba nostra e guai a chi la tocca.

Oggi Bibbiano è in attesa di processo, le accuse sono ancora pesantissime e le evidenze di indagine pure: ventisei imputati, le stesse orrendi ipotesi di reato per lo stesso esito: famiglie dissestate, ragazzini rapiti, plagiati, traumatizzati a vita. Identica anche l’omertà, del Forteto si parlava poco e bene e di Bibbiano bisogna parlare, anche oggi che il bubbone è esploso, il meno possibile e il meglio possibile. Come per la incredibile “repubblica di Riace” in mano all’ennesimo santone di sinistra, Mimmo Lucano, anche lui in panie giudiziarie. Con le figurine del presepe dem schierate, come la Francesca Archibugi che si definisce seguace di Bibbiano “perché i figli non sono delle famiglie ma appartengono allo Stato”. E se scrivi Bibbiano sui social, qualcuno ti spedisce subito le incursioni dei provocatori a minacciarti, a segnalarti.

A cosa serve l’Unione Europea, perché dobbiamo avere “+Europa”, secondo il nuovo trucchetto tipografico della solita Bonino versione turbante? Di certo non a tutelare i migranti, e men che meno gli infanti: in Turchia, inseriscono per decreto dittatoriale la pedofilia, ma i nostri governanti, così sensibili ai sacchettini di plastica, si voltano dall’altra parte.

E, già che ci siamo, chiudiamo con la domanda retorica di Riccardo Ruggeri: “Come possono guardarsi allo specchio Merkel, Macron, Gentiloni, Rajoy e soci di aver affidato, oltre tutto a caro prezzo, le chiavi dei nostri confini con il Medio Oriente ad una organizzazione pedofilo-religiosa?”. Si riferisce, l’ex ceo di Fiat, alla norma con cui Erdogan rende ammissibile, che da quelle parti vuol dire consigliabile, che si legge obbligatorio, il matrimonio con bambine di 9 anni. Come possono, si chiede. Possono, possono. E non hanno neppure bisogno di rompere gli specchi perché si piacciono moltissimo: il successo, diceva Charlie Chaplin, rende simpatici. Il successo in politica si traduce in ricchezza. Anche questa è Europa, bellezze: il sovracontinente di vetro e cemento che ti dice come consumare, copulare, parlare, pensare, curarti, per cosa lottare, come indignarti, come sentirti sessualmente, come tutelare le vip e aspiranti tali che passano dalle fauci (o si passano, loro, nelle fauci) di un produttore all’altro e poi, dopo una ventina d’anni, denunciano il “trauma”. È l’ONU che fa le stesse cose con la sua quarantina di commissioni sui diritti umani d’ogni foggia, taglia, misura. Però sulle infanti divorate dai giovani turchi, e anche meno giovani, neanche un plissé. Più o meno come per i ragazzini di Haiti e di mezzo mondo infame, regolarmente abusati dagli stessi delegati dell’Onu, di Oxfam, di altre organizzazioni così caritatevoli. E come per le velate iraniane che vengono arrestate se si svelano, mentre le nostre sofisticate occidentali si ri-velano “in segno di libertà”.

MDP