DOPO BABILONIA SI MUOVE L’AGCOM

DOPO BABILONIA SI MUOVE L’AGCOM

Dopo il Sanremo Babilonia alla Rai partono le inchieste per presunte malversazioni a danno della Rai cioè di chi la fruisce, cioè tutti e a me piacerebbe ci andassero di mezzo tutti. Perché quello che si è visto andava oltre l’impensabile: inviti ad incularsi in fascia protetta, fioriere devastate da bimbiminkia dopati, conflitti d’interesse: chi ci ha guadagnato nel giochino dell’instagram che, come ha detto un capo della pubblicità interna, “trattandosi di Chiara Ferragni non poteva non esserci”? Questi Ferragnez sono incredibili, dovunque vadano c’è l’affare disinvolto e poco chiaro all’insegna del qui e ora che sarebbe prendi i soldi e scappa. Tutto finalizzato alla tasca e recitato di conseguenza, anche le crisi domestiche nella totale mancanza di decenza e di dignità. Ma è difficile credere alla storia degli incontrollabili in barba all’esercito di autori e di controllori. Non scherza neanche il nostro Amadeus detto Ama: uno che metteva i dischi, creato, lanciato da altri che mettevano i dischi e diventato ciambellano della Rai perbenista; ma di colpo il successo gli picchia in testa come un martello e arriva a trasformare un festival perbenista in una sorta di Suburra, di tempio invaso dai mercanti del neoliberismo pubblicitario. Si potrebbe anche dire che la faccenda gli sia sfuggita di mano, ma lui procede indifferente naso in resta e fa la vittima di circostanza con una delle sue frasi pleonastiche: “Se mi cacciano me ne vado”. Così vorrebbe il nuovo potere ma donna Giorgia frena, non vuole dare l’idea della ducetta che procede alle epurazioni, non vuole mettersi contro Mattarella che a Sanremo c’è andato per dirle: attenta a come ti muovi, questa è casa mia e la Rai resta comunque feudo del PD. Insomma si è agitata la agcom che è uno di quegli organismi politici pleonastici come le frasi di Ama, tanto per fare un po’ di polverone. Ma alla fine non pagherà nessuno se non qualche straccio, qualche pianta da corridoio. Intanto Sanremo continua, la sua perennità si estende al telegiornale di regime che uno dopo l’altro invita tutti i maggiori protagonisti di Babilonia e gli fa dire le stesse cose nello stesso linguaggio demenziale del qualunquismo tecnocratico che va bene per lo sport e la politica, le guerre e le canzonette: è stata una sfida, mi sono divertito, sono molto eccitato, sono concentrato, avanti così e buon lavoro. Ama è subito tornato ai suoi giochi illusionisti, ai soliti ignoti che se li azzecchi ti pagano e se ti va bene puoi anche smettere di lavorare. Ma non va bene a nessuno, tutti accumulano piccole fortune che inesorabilmente sprecano all’ultimo riconoscimento, l’ultimo naso o mento o occhiaia, “eh, ma sembrava proprio suo fratello”. I giochi da banchetto nel rutilare televisivo, ma che sempre da vicolo restano. Con tre o quattro Sanremo sempre più osceni Amadeus da ciambellano è diventato un potente, diciamo pure un intoccabile col vezzo della provocazione: cacciatemi pure ma io ho trionfato e, affari opachi o meno, Babilonia o Suburra che sia, ho fatto fare Bingo alla Rai, le ho tappato le voragini, 80 milioni di introiti dichiarati tra pubblicità e marchette senza parlare dell’indotto, delle ricadute festivaliere non sempre confessabili ma che durano un anno intero. Per il prossimo, l’ex ciambellano diventato mammasantissima ha già promesso sfracelli, cose mai viste. Ma dopo la Babilonia di quest’anno che resta? Il freak show? Il Satyricon? Il suicidio in diretta? MDP (per sostenere il Faro basta una ricarica su PayPal via mail maxdelpapa@gmail.com)