IL PAESE IN COMA

IL PAESE IN COMA

Draghi, il Messia, come cambiamento non pare granché: tutto come prima, più di prima. A un anno di distanza, il blocco pressoché totale, poi chiamalo come meglio ti suona, rosso relativo, arancio spalmato, mettici tutta la vasellina che vuoi ma la sostanza è la stessa: non si viaggia, non si esce quasi, non si cena fuori, non si vanno a trovare i parenti se non una volta al giorno e contingentati. E già la polizia ti entra in casa, qualcosa che neppure i Boccia e gli Speranza prima versione erano riusciti a fare. La differenza col predecessore diremmo stia in questo, che Conte, vanesio com’era e aizzato da uno più vanesio ancora, parlava e parlava e poi faceva il decreto presidenziale, Draghi non parla e impone la logica del fatto compiuto. Col decreto legge, così la Costituzione è salva. E già assistiamo ai primi pentiti, “ma questo Draghi, non ci starà prendendo per i fondelli?”.

Di sicuro le prime mosse il sospetto lo inducono: ha avallato un criminale blocco del turismo alpino, ha sposato la linea della reclusione, richiude tutto “per salvare la Pasqua”. Come un anno fa, ma la Pasqua non si salvò e questa che arriva farà la stessa fine. Ma diranno che è “per salvare l’estate”. Con due aggravanti però. La prima è che il Paese era ancora frastornato e non capiva cosa lo stava investendo, la seconda è che bene o male, più male che bene, i commerci e l’industria giravano. Adesso la filiera produttiva viene da dodici mesi di coma e quanto al virus se ne sa quanto allora cioè zero. Così che pare provvidenziale motivare la totale incertezza con la scusa delle varianti: inglese, brasiliana, tahitiana, spunta pure quella finlandese e pare un gioco di società.

Tutta qui la risposta del Messia alle urgenze drammatiche? Tutta qui. Le varianti servono a prendere tempo, prendere tempo serve a non decidere niente, non decidere niente serve ad aspettare l’elisir in forma di vaccino. Ma il vaccino non arriva e così si comincia a far la casa partendo dal tetto: tutto pronto, esercito, scuole, ambulatori, hanno perfino allertato i medici generici, che come innovazione non pare granché. “Per quando l’antidoto arriverà”. Ma se arriva tra otto o dodici mesi che facciamo, continuiamo con la chiusura circolare “per salvare” le prossime stagioni? Che desolazione questo Occidente che pare a fine corsa, coi suoi governanti inetti e i suoi tecnici sopravvalutati: sanno solo indurre il coma e aspettare e, per confondere popolazioni già frastornate, agiscono in modo da non far capire niente. I lockdown che non sono lockdown però di fatto sì, le zone cromatiche selettive, le fasce orarie. Una confusione maliziosa e criminale. Nelle Marche il governatore Acquaroli, uomo della Meloni, ha steso la cappa sull’intera provincia di Ancona su presupposti che nessuno ha ben capito. “Me l’hanno chiesto i sindaci” ha spiegato, ma non risultano suppliche da nessun paese o cittadina. In realtà non si può dire che nel capoluogo dorico i contagi salgono dagli ospedali e dagli ospizi, in una residenza assistita su 36 ospiti 32 risultano infetti.

Con danni peraltro contenuti, la spaventevole variante inglese non sembra scatenare particolari effetti, le curve sono in crollo, ma chi ha una responsabilità locale pensa: me la devo prendere io la responsabilità? Che è come a dire: io governo ma a rischio zero, governo ma non governo. No, questo Messia mandato dalla provvidenza finanziaria ed europeista non pare davvero niente di speciale; ne lodano il tratto, improntato a discrezione, ma sembra più che altro uno che non ha molto da dire; ne garantiscono la cultura raffinata ed elettiva, ma si limita ad allusioni di Greta e agli slogan insopportabili in voga, resilienza, transizione. Può essere che, dietro la faccia sfingea, si nasconda un pensiero debole, a slide, un orizzonte contabile, asfittico. Chiudere tutto! Come un calendario fa, ma il Paese non ce la fa più. A marzo, coi primi tepori, il virus come un anno fa perderà di consistenza, varianti comprese, ma diranno che è tutto merito del coma vigile, vigile di Draghi. Ennesima fandonia, ma siamo nel tempo delle fandonie esibite, delle miserie certificate, che si stagliano in tutta la loro tragica vanità, come sempre in tempi di dittature.

MDP