LA DEMOCRAZIA DEI SELFIE

LA DEMOCRAZIA DEI SELFIE

La democrazia italica sarebbe questo: certo Giorgetti, oscuro tecnico messo a gestire la macroeconomia degli scambi e degli affari, ma potevano spedirlo alla sanità, lo sport o dove che fosse, vice del primo ministro e vice del segretario della Lega, agisce sia in proprio sia per conto delle superburocrazie europee: demolisco il mio partito, ne faccio una nuova Democrazia Cristiana prostituita alla UE, faccio fuori Salvini, poi per servizi resi prendo il posto di Draghi e lui lo mando al Quirinale. Tutti d’accordo e per i prossimi cinque, dieci anni siamo a posto. Poi magari non va così, anzi sicuramente non andrà così dato il livello paludoso della politica italica, ma insomma questo è il modo di agire. Con il che si fa piazza pulita di tutto: il feticcio del voto, le liturgie piazzarole, le taverne televisive. Gli ingredienti per la transizione di potere sono sotto gli occhi di tutti: vaccini a oltranza, lasciapassare sempre più ferrei, restrizioni, prospettive di coprifuoco. Fino a quando? Fino a che lo decide l’ex carneade Giorgetti per conto della nomenklatura. Ho avuto modo di osservarlo, questo padano ripieno, discretamente goffo, trasandato, ma rilucente del nuovo potere che gli è caduto addosso o che ha saputo ricavarsi, in una circostanza per me stravagante, una cena in mezzo ad altri potenti, tra essi la presidenta del Senato Casellati, un donnino insignificante che si agitava e ballava in una specie di pigiama damascato. Giorgetti è passato, ma non si è fermato, se n’è sparito con la mastodontica scorta, proporzionale al potere reale, e, per usare la canzone di Lucio Dalla, “sembrava lui il padrone”. E tutti lo riconoscevano come tale. Pochi minuti prima il boss leghista aveva distillato le sue intenzioni e il suo modo di intendere la democrazia in un pubblico incontro; diceva: cari cittadini, si preparano tempi duri, l’Europa ordina, noi eseguiamo, voi pagate e pagate tutto. Cari cittadini, diceva, ma intendeva sudditi; all’uscita i sudditi gli hanno chiesto i selfie per tre quarti d’ora. Tra le cose fatte cadere dall’alto dall’economista padano, una in particolare, figlia del postliberismo criminale: quello che si deve fare ebbene che si faccia, se il business è quello delle auto elettriche, avanti con le auto elettriche, se ci viene richiesta una transizione ecologica suicida, siete tenuti a subirla; dei costi noi ci disinteressiamo, non c’è modo di opporsi, i costi li pagheranno quelli che ci votano, però vi diamo un bonus di pochi euro per rifare il parco televisori, costosissimi. Ma i costi, dice uno studio di Boston Consulting, sui settori meno “sostenibili” di Confindustria quali siderurgia, chimica, fonderie, carta, vetro, cemento, ceramica), saranno pazzeschi: 15 miliardi di euro in dieci anni, a fronte di un fatturato complessivo pari a 88 miliardi e 700 mila addetti. Chi la potrà sostenere la sostenibilità di stampo gretino? “Io” argomentava Giorgetti “devo accontentare un po’ tutti, i network televisivi, i produttori di tecnologia, gli artefici della globalizzazione e i burocrati dell’Europa”. E lo diceva lo stoicismo del cireneo che sa il suo destino. Il suo e anche quello nostro: avremo, continuando sulla strada demenziale del pupazzo svedese, sempre più disoccupati e sempre meno energia a prezzi sempre più proibitivi, e risolveranno chiudendoci sempre più in casa e razionando il riscaldamento, l’acqua calda. E punendo i poveri che non hanno i soldi per la transizione virtuosa e continuano ad inquinare coi loro impianti decrepiti, con le loro macchinette puzzolenti. Dicono i telegiornali di regime: elettricità su del 30%, gas del 15% ma siate grati, il governo ci ha messo una pezza, se no finivate sotto i ponti. Che bella però questa democrazia fondata sui selfie e sulle rappresaglie.

MDP

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