LA VITA CHE NON C’E’

LA VITA CHE NON C’E’
Immagine di Giuliano Fedeli

Leggete questa bellissima, drammatica lettera: è di una ragazza. Dice tutto, è tutto qui. Non c’è altro da aggiungere.

La vita di noi adolescenti si è fermata l’anno scorso, da quando la scuola è morta, con l’avvento della DAD. Non possiamo nascondere che in un primo momento abbiamo gioito per queste vacanze inaspettate, senza sapere cosa ci stesse attendendo. È passato ormai un anno e siamo nella stessa situazione di prima. La DAD non è altro che il fallimento della scuola e di tutte le istituzioni che ne sono connesse ed è tremendamente triste vedere quanto lo Stato tenga al suo futuro, a noi ragazzi prossimi ormai a votare, che non hanno una preparazione idonea nell’affrontare la vita.
Purtroppo, è la vita dei ragazzi che deve necessariamente fermarsi. Siamo noi gli untori della pandemia, senza di noi sarebbe andato tutto bene. Ma chi parla, non ci pensa a come stiamo vivendo i cosiddetti “più belli anni della nostra vita”? Certo, è facile parlare quando si ha provato il vero e primo amore, si è andati a divertirsi coi propri amici, si ha viaggiato, senza alcuna restrizione. Quando ci si vedeva di persona, si scambiavano baci, abbracci e pacche sulle spalle. È facile scaricare tutta la colpa su di noi, ragazzi che non sanno più cosa sia un sorriso, il contatto fisico. Abbiamo imparato a decodificare ciò che si cela dietro alla mascherina e ad interpretare ogni minima contrattura dei muscoli facciali. Ci sono tanti ragazzi irresponsabili che se ne fregano altamente dell’attuale situazione, ma ci sono altrettanti signori ed anziani menefreghisti, che sono i primi a scaricare le colpe su di noi ed i primi ad incontrarsi fuori al bar senza un minimo di senso civico e rispetto.
Il nostro unico portale di quella poca socialità è il telefono, che ormai è diventata un’estensione del nostro corpo. Siamo la generazione Z, nata con tutte le comodità disponibili e soprattutto la tecnologia. Il rapporto che abbiamo con la tecnologia è sempre stato morboso, ma a causa della pandemia la situazione sta sfuggendo di mano. Siamo costretti a fare nuove amicizie, a parlare e a divertirci in qualche modo davanti ad uno stupido schermo. È ancora così facile aprire la bocca? Siamo soli, chiusi in camera con quel dannato cellulare in mano a parlare con chi capita sulle piattaforme social, perché non abbiamo più nessuno che ci possa consolare con un semplice abbraccio. L’amore si è evoluto, anche le amicizie: sono passate a nascere davanti ad uno schermo e non più dal vivo; stanno regredendo e le interazioni sociali sono limitate fino all’osso. Tutti quanti stiamo perdendo una parte fondamentale nella nostra formazione morale, come persone che fanno parte di uno Stato e dunque di una comunità. Perciò, suppongo che i bambini ancora più piccoli, che non hanno ancora nemmeno assaporato per bene la vita, avranno grosse difficoltà nel relazionarsi in futuro.
Noi ragazzi abbiamo un unico obbligo: andare a scuola. Oltre ad essere un dovere, è un diritto. Ora che è nata la DAD, cosa ci è rimasto di concreto della vecchia scuola? Nulla. L’apprendimento non è quello di prima, abbiamo grosse lacune in qualunque materia, ma il problema maggiore è l’assenza di qualunque interazione e il confronto tra noi, con altre classi, con ragazzi più grandi o più piccoli ma anche coi professori che ci formano dal punto di vista morale e comunitario. La scuola si è dovuta adattare ed impariamo cose nuove davanti ad uno schermo, tramite la disastrosa DAD: isolati, seduti in una stanza, con mille distrazioni intorno. È una macchina della tortura per l’uomo, che è un animale sociale, abituato a passare le giornate in compagnia. Era così scontato andare a scuola, era la nostra normalità, a cui non davamo troppo peso. Ma pensando a tutti quei:
Ragazzi mi sentite?
Prof è tutto bloccato!
Professore non si vede la presentazione
Attivate la videocamera!
Togliete i microfoni!
Scusate per i problemi di connessione…
Si prova tanta frustrazione, perché vedere il tempo scorrere inutilmente è deprimente. Scorre inutilmente perché tutte quelle parole rassicuranti sul ritorno a scuola erano soltanto le solite chiacchiere su chiacchiere, di politici completamente incompetenti, a cui importa solo del loro benessere economico. Forse noi studenti ce lo dovevamo aspettare un ritorno penoso, dato che la scuola è ormai dimenticata da tempo.
Ciò che mi fa riflettere e che ci fa capire la carenza dei fondi è il fatto che nella scuola non ci sia nemmeno della semplice carta igienica e del sapone per lavarsi le mani, ma anche pennarelli per poter scrivere sulla lavagna. Poi basterebbe guardare gli edifici, fatiscenti, con l’intonaco che si stacca, infiltrazioni d’acqua e muffa, termosifoni malfunzionanti.
Mi ricordo ancora la sorpresa di quando mi sono ritrovata un rotolo di carta igienica sul banchetto della bidella, ma pensandoci più a lungo, non sarei dovuta rimanere sorpresa, dato che in qualunque scuola (almeno nei Paesi più agiati) gli studenti hanno a loro disposizione queste piccolezze. Dovrebbe essere la normalità avere a scuola a disposizione queste cose (perché mi sembra che l’Italia sia un Paese sviluppato) e soprattutto anche una connessione decente, dato che siamo nel 2021 inoltrato e per questa situazione d’emergenza, è fondamentale una rete: tutto ruota attorno alla tecnologia e alla linea.
La DAD, durante il primo lockdown è stata veramente orrenda, ha reso quel periodo difficoltoso ancora più stressante per tutti. I professori erano ovviamente in difficoltà e mal attrezzati; a noi studenti venivano assegnate solo pagine su pagine di esercizi e cose da studiare. La pressione che avevo addosso quel periodo, mi ha fatta stare molto male e veramente poco serena. Mi sono sentita soffocata da tutti quei meeting, dalle spiegazioni e da tutte le cose da fare nel pomeriggio, ero convinta di non poter più sopportare nulla. Anche l’ultimo mese di videolezioni è stato abbastanza disastroso: i professori erano a scuola e noi seguivamo da casa. Abbiamo saltato molte ore a causa di una connessione lentissima e dei computer fatiscenti, con microfoni o tastiere danneggiate. Ditemi come sia possibile chiederci di fare lezione in questo modo e far finta che vada tutto bene ed a continuare ad ignorare tutte queste complicazioni che compromettono completamente il rendimento scolastico. Come si fa a continuare quest’apprendimento così triste e robotico, con i ragazzi esasperati dalle mille verifiche che si sovrappongono nei pochi giorni in presenza, dai problemi relativi alla DAD, dall’ansia, l’insonnia perenne e i professori che vogliono soltanto portare il più avanti possibile il programma. Mi dispiace veramente come quel poco di empatia degli insegnanti stia mano mano scomparendo e che in molti, ti si voltano contro: come quella volta che la mia intera classe non sentiva nulla per davvero, perché la professoressa era a scuola con una pessima connessione. Noi eravamo lì, ad insistere di ripetere perché non capivamo e lei dall’altra parte dello schermo rideva e non ci prendeva minimamente sul serio, è stata un’esperienza abbastanza umiliante e ciò ci fa capire che i professori hanno anche perso fiducia in noi.
Esigo di tornare il prima possibile in presenza al 100%. Lo esigo perché non voglio più essere trattata come una pedina di una scacchiera, che gli aggiornamenti mi vengano comunicati all’ultimo, con cambi di orari ed aule così dal nulla. Non voglio più passare ore chiuse in una stanza, senza nessuno con cui scherzare o confrontarmi, non voglio stare ore ed ore davanti al pc senza una pausa e con un mal di testa che ti impedisce di fare qualunque cosa tu voglia per il resto della giornata.
La DAD non può essere la soluzione a tutto. Non ho nessun ricordo bello di queste giornate soffocanti. Trovo conforto nel pensare al periodo antecedente a questa “didattica innovativa”: quando scendevo nel cortile, mi vedevo con i miei amici, compravo i cornetti per merenda per portarli alla mia migliore amica, alle risate ed a tutte quelle persone che incrociavo per le scale. Si vedeva che tutti erano spensierati, felici ma avvolte ansiosi per qualche compito o verifica. Era evidente dai loro sguardi, dai loro sorrisi, che ora sono senza luce e soffocati dalla mascherina.
Mi sento presa in giro, perché noi studenti viviamo in prima persona la scuola e sappiamo benissimo come non sia cambiata assolutamente una virgola e che tutte le promesse fatte, erano soltanto bugie. Sono cosciente che lo Stato, non poteva trovare una soluzione migliore di questa e che la DAD sia l’unico modo di portare in qualche modo la scuola anche tra le mura della nostra casa. Ma se il governo, sapeva già da tempo che questa sarebbe stata una soluzione a lungo termine, perché non si è abilitato per dare fondi alle scuole per potersi attrezzare e rendere più vivibile questa didattica e soprattutto per migliorare i mezzi? Molto probabilmente siamo costretti a seguire le lezioni da casa perché sui mezzi si creano assembramenti folli che ci sono sempre stati d’altronde. Dunque, non riesco proprio a concepire perché quest’occasione del COVID non è colta come un momento per dare una marcia in più agli edifici scolastici, al materiale che ci serve e soprattutto ai mezzi pubblici, che sono veramente vergognosi e schifosi. Ho sentito storie surreali, di miei coetanei che non sono riusciti a venire a scuola oppure a tornare a casa, perché i l’autobus era già al completo: ma possiamo essere trattati in questo modo, come se fossimo oggetti inutili? Ma soltanto il fatto che molti studenti siano stati costretti ad entrare alle 10 e poi ad uscire il pomeriggio inoltrato, fa capire quanto siamo stati lasciati indietro. Dobbiamo subire questo trattamento perché il trasporto pubblico non è stato minimamente organizzato e potenziato e gli adulti si azzardano a dire noi dobbiamo per forza attenerci a queste disposizioni, forse non sono al corrente che siamo persone anche noi, con dei bisogni e che vogliono anche concedersi un momento di riposo. Possiamo adattarci, ma fino ad un certo punto. Infatti l’organizzazione delle scuole poteva essere migliore: dato che siamo in turni, andiamo un giorno si e quello dopo no. Ciò significa che in DAD non si fa praticamente nulla, mentre nei giorni in presenza ci ritroviamo in delle situazioni ingestibili, sommersi dai compiti in classe e dalle interrogazioni.
Non è più tollerabile che dopo un anno, siamo di nuovo in DAD al 100%
Mi manca tutto: le risate assordanti, le urla dei professori, le mani alzate. Tutto ciò ha avuto un impatto emotivo e sulla mia routine troppo grande ed improvviso: non riesco più ad addormentarmi presto ed a dormire tranquilla. Non ho più motivazione nel portare avanti il percorso di studio che mi sono scelta, perché mi demoralizza parecchio vedere che in molti, copiando tranquillamente, riescono ad ottenere voti migliori dei miei, anche se mi sono preparata per giorni, ripetendo più volte. Però, almeno mi ripaga un po’ il fatto di avere la coscienza pulita e di averci provato. Mi sono sentita smarrita in molti momenti, ho avuto delle crisi di nervoso e di pianto, perché non riuscivo a stare dietro alle spiegazioni, mi sono sentita stupida. È frustrante ridursi così, fino ad avere l’ansia, un nervoso costante anche nella propria vita privata.
Sono sicura che la DAD stia stravolgendo tutto. Io ho vissuto particolarmente male tutte le mie giornate nella zona rossa, ho avuto più bassi che alti ed oggi la situazione si è ripresentata, perciò ormai non spero più nemmeno troppo nel futuro, dato che nulla di quello che avevo immaginato si è avverato. Invece, ho conosciuto diverse persone, che al contrario di me, in questi periodi di chiusura e di videolezioni, sono riuscite a tirar fuori il meglio di loro e di fare qualcosa di grande, che li fa sentire realizzati e soddisfatti di sé stessi.
Mi auguro che al più presto si riesca veramente a tenere la situazione sotto controllo, perché un’intera generazione sta facendo un sacrificio enorme, che a quanto pare non è riconosciuto da nessuno. Lo stiamo facendo per il benessere della comunità e soprattutto dei più fragili, anche se ci sono forti ripercussioni ovviamente negative, sulla nostra psiche. Ogni tanto sarebbe bello sentire un semplice “grazie” da qualcuno, per il nostro sforzo, ma dubito fortemente che mai succederà. La superficialità è un altro nostro grande nemico.
Margherita